Pensieri Intrusivi ed Ossessioni

“E se dimentico le cose e non ricordo ciò che ho fatto?”; “E se perdessi le staffe?!”; “E se succedesse qualcosa di brutto a…?”; E se il mio compagno/la mia compagna mi tradisse…?; E se mi contagiassi…?
E’ capito a tutti di avere pensieri intrusivi, ovvero quei pensieri non desiderati e ricorsivi, che finisco per rovinarci giornate rendendoci meno produttivi negli studi o sul lavoro e meno presenti nelle relazioni con gli altri. Abbiamo cercato di fare di tutto per scacciarli via: abbiamo alzato il volume della macchina al massimo per non sentire cosa avevano da dirci, ci siamo cimentati in mille attività pur di evitarli (e adesso siamo stanchissimi!) oppure abbiamo cercato di gestire le emozioni che portano con sè tormentando così tanto il nostro migliore amico che, adesso, inventa qualsiasi scusa pur di non rispondere più alle nostre telefonate…

Cosa sono questi pensieri? E cosa possiamo fare di davvero utile per tornare a vivere serenamente le nostre giornate?
Ecco qui un po’ di teoria e qualche consiglio. Buona lettura!
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Pensieri Intrusivi nella nostra vita

Tutti noi facciamo esperienza di questo tipo di pensieri denominati intrusivi, indipendentemente dal sesso, dall’età e dalle situazioni in cui viviamo…
Partiamo dalle presentazioni: Perchè vengono chiamati così?
Poichè sono pensieri involontari, persistenti, con contenuto spiacevole per il soggetto.

“Ogni pensiero ricorrente, inaccettabile, indesiderato, accompagnato da un soggettivo disagio emotivo”

S. Rachman

La citazione riportata è stata scritta da uno Psicologo di origine sudafricana che ha svolto moltissime ricerche e scritto libri principalmente all’interno degli ambiti del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) e dei Disturbi d’Ansia.
In una ricerca condotta nel 1978, Rachman ha dimostrato che le ossessioni non patologiche sono un’esperienza comune a tutte le persone e che risultano molto simili alle ossessioni patologiche esperite da soggetti clinici.

Si riporta parte dell’abstract dell’articolo originale:

In generale, i risultati sono stati che le ossessioni non patologiche sono un’esperienza comune e assomigliano alla forma delle ossessioni patologiche. 
Mostrano anche alcune notevoli somiglianze di contenuto
Tuttavia, le ossessioni non patologiche e patologiche differiscono sotto diversi aspetti, tra cui la frequenza, la durata, l’intensità e le conseguenze.

Rachman S, de Silva P. Abnormal and normal obsessions, 1978

Si parla di ciò anche nel capitolo dedicato al DOC del libro “I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale” a cura di Carmelo La Mela.
A tal riguardo l’autore scrive che le ossessioni non patologiche interessano circa l’80-88% delle persone sane.


Differenza tra ossessioni patologiche e non

Questo evidenzia che tutti possiamo avere questo tipo di pensieri.
Come possiamo comprendere quando è, oppure non è, il momento in cui dovremmo chiedere aiuto ad un professionista?

Come riportato nell’abstract, vi sono alcune differenze tra le ossessioni patologiche e quelle non patologiche. Queste differenze non riguardano la forma ed il contenuto, riguardano invece la QUANTITA’, la DURATA e l’INTENSITA’.
L’elemento di distinzione non è avere o non avere questo tipo di pensieri oppure la gravità del contenuto ma piuttosto: quanto questi pensieri sono presenti nel nostro vissuto quotidiano e quanto compromettono la nostra stabilità emotiva.

Le ossessioni patologiche sono, infatti: più frequenti e ricorsive, presentano reazioni emotive più intense, creano maggiore disagio, persistono per tempi più lunghi ma soprattutto hanno un impatto nella vita quotidiana del soggetto: Compromissione del funzionamento
sociale, lavorativo e/o relazionale
.

Cosa dicono le Ricerche:

“Il contenuto, la forma, la struttura e le caratteristiche funzionali del pensiero intrusivo sono stati studiati in un gruppo di sessanta soggetti adulti. Il contenuto e la forma di queste attività intrusive somigliavano alle ossessioni ma erano meno intense e meno disturbanti.”

L Parkinson, S Rachman, Part II. The nature of intrusive thoughts, Advances in Behaviour Research and Therapy, 198

Cosa fare e cosa non fare?

Spesso i soggetti mettono in atto delle strategie disfunzionali per allontare questi tipi di pensieri disturbanti, tra queste troviamo tentativi di controllare, neutralizzare o eliminare i pensieri intrusivi. Tali soluzioni attenuano l’ansia al momento ma rinforzano credenze disfunzionali sull’utilità di tali metodologie, che non risultando efficaci, mantengono le credenze negative sui pensieri intrusivi.

Se, invece, «lasciamo passare» questi pensieri, essi si attenuano.

Cosa sono le metacredenze?

La metacognizione è la capacità di riflettere sui propri stati mentali.
Le credenze metacognitive sono quindi le idee o le teorie che ognuno di noi ha in merito al contenuto dei propri pensieri.
Esse si riferiscono al Modello Metacognitivo di Wells (2009), che si focalizza sul processo della preoccupazione patologica (worry) e sulle convinzioni positive e negative riferite a quest’ultima.
Le metacredenze negative si concentrano spesso sui temi di Incontrollabilità e Pericolosità.

Positive: E’ utile preoccuparsi

Negative: Preoccuparsi mi farà del male


Secondo Wells il problema non è avere dei pensieri intrusivi
in mente (una cosa frequente anche in soggetti sani) ma il fatto che
nel soggetto diventi intollerabile, preoccupante, fonte di rimuginio,
minaccioso.


Una caratteristica centrale delle credenze cognitive è la fusione con la realtà definita fusione evento-pensiero: ovvero credere che i pensieri abbiano un rapporto diretto con la realtà o la capacità di influenzarla.

“se lo penso, allora è vero!” (ERRATO!)


E’ importante, inoltre, rendersi consapevoli dell’effetto paradossale provocato dal tentare di scacciare un pensiero intrusivo quando compare:
Più tento di scacciarli, più i pensieri aumentano di frequenza e d’intensità.
Questo perché quando cerco di evitare qualcosa, devo rappresentarmi inevitabilmente nella mente ciò che voglio eliminare riproponendo continuamente l’oggetto dell’evitamento.

Alcune tecniche secondo il modello cognitivo-comportamentale

Esistono varie tecniche, alcune delle quali fanno parte dell’approccio cognitivo-comportamentale, utili per affrontare questo tipo di problema:

Psicoeducazione
Trascrizione dei pensieri intrusivi
ERP (Esposizione con Prevenzione della Risposta)
Uso di metafore ed Analogie
Rassicurazione
Ristrutturazione cognitiva, tra cui Disputing
Mindfulness
Terapia ACT

Parola chiave? Accettazione!

Bibliografia

• Carmelo La Mela (a cura di), I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale, Firenze, Maddali e Bruni, 2016.
• L. Parkinson, S. Rachman, Part II. The nature of intrusive thoughts, Advances in Behaviour Research and Therapy, Volume 3,
Issue 3, 1981, Pages 101-110, ISSN 0146-6402, https://doi.org/10.1016/0146-6402(81)90008-4.
• S. Rachman, P. de Silva, Abnormal and normal obsessions, Behaviour Research and Therapy, Volume 16,
Issue 4, 1978, Pages 233-248, ISSN 0005-7967, https://doi.org/10.1016/0005-7967(78)90022-0.


Dott.ssa Sabina Arcieri, Psicologa


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